Sottolineiamo l’importanza della figura dell’Amministratore di Sostegno (AdS), tanto che nella “Proposta di programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”, redatta dall’Osservatorio Nazionale sulla condizione della persone con disabilità, la figura dell’ AdS viene definita

“…l’unica vera misura idonea, nell’ordinamento, a dare dignità alla persona con disabilità, proteggendola, ma al tempo stesso sostenendone le autonomie con i soli interventi strettamente necessari,…”.

Infatti, il legislatore con la Legge 6/2004 intende “tutelare con la minor limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana” (Art.1).
Nella proposta su citata sono contenute, tra l’altro, alcune indicazione miranti alla conoscenza e definizione della figura dell’AdS: eventuale abrogazione dell’interdizione e dell’inabilitazione; omogenea applicazione dell’attuale normativa sull’AdS; Formazione ad hoc per Magistrati, anche in considerazione di dover interagire con altre figure del progetto individuale che la persona con disabilità può richiedere ai sensi della Legge 320/2000; Formazione aperta ad avvocati , medici ed alle altre figure che operano nel sociale.
L’Associazione consapevole, fin da subito, dell’importanza della figura dell’Amministratore di Sostegno già il 30/11/2005 organizzò nella Formazione Genitori un incontro con l’ausilio del proprio consulente legale avv. Luigi Rossi al fine di illustrare questa nuova e rivoluzionaria figura.

Pubblichiamo una breve sintesi degli istituti di tutela giuridica precedenti alla legge 9 gennaio 2004 n. 6 (Amministratore di Sostegno) e tutt’ora vigenti.

La capacità giuridica

La capacità giuridica è l’attitudine di una persona fisica ad essere titolare di diritti e doveri; si acquista al momento della nascita.

La capacità di agire

La capacità di agire è l’attitudine di una persona a compiere manifestazioni di volontà idonee a modificare la propria situazione giuridica; ovvero la capacità di porre in essere atti e comportamenti in grado di modificare la sfera personale e patrimoniale, tanto propria quanto altrui; essa si acquista al compimento della maggiore età.
Può così affermarsi che la Legge opera una presunzione in base alla quale, al raggiungimento del diciottesimo anno di età, ogni soggetto acquisisca la capacità di intendere, cioè di comprendere il significato e le conseguenze degli atti che egli stesso o gli altri compiono, e la capacità di volere, ovvero di decidere con coscienza e volontà di produrre un determinato effetto piuttosto che un altro.

Istituto dell’Interdizione – Sua funzione.

Interdizione: la legge prevede che il maggiore di età, ed il minore emancipato, che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente che li renda incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò sia necessario per assicurare la loro adeguata protezione.
Procedimento – competenza – legittimati all’azione.
La competenza a pronunziare il provvedimento d’interdizione (costitutivo di status) è il Tribunale Ordinario in composizione collegiale. Può procedersi all’interdizione anche nell’ultimo anno della minor età, ma in tal caso la competenza spetterà al Tribunale per i minorenni e l’interdizione avrà effetto dal primo giorno del compimento della maggiore età.
L’interdizione può essere richiesta, oltre che dall’interessato, dai seguenti soggetti:

  • dal coniuge;
  • dalla persona stabilmente convivente (ad es.: la convivente more uxorio);
  • dai parenti entro il quarto grado (ad es.: i cugini volgarmente chiamati di primo grado);
  • dagli affini entro il secondo grado (ad es.: i cognati);
  • dal tutore o curatore;
  • dal pubblico ministero.

La sentenza di interdizione è impugnabile innanzi alla Corte d’Appello.
Il fascicolo è trasmesso al Giudice tutelare per la nomina del tutore e del protutore.
L’interdizione (come pure l’inabilitazione) può essere revocata allorquando cessi la causa che ne aveva determinato la pronunzia su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell’interdetto (del curatore dell’inabilitato) o su istanza del pubblico ministero.
Limitazioni conseguenti alla pronunzia di interdizione.
L’interdetto perde la propria personale capacità di agire e non può quindi compiere da solo gli atti negoziali né di ordinaria amministrazione né di straordinaria amministrazione.
L’interdetto, a differenza dell’inabilitato, perde anche la capacità di agire per gli atti di carattere familiare e per quelli definiti “personalissimi“, quali ad esempio prestare il consenso al matrimonio, riconoscere un figlio naturale, disporre per testamento.

Istituto dell’inabilitazione – Sua funzione.

Tale istituto rappresenta una forma di tutela più blanda rispetto quella appena analizzata.
L’art. 415 c.c. infatti prevede che il maggiore di età che sia infermo di mente, lo stato del quale non sia talmente grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato.
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco, dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione dell’articolo 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.
Anche qui può procedersi alla inabilitazione nell’ultimo anno della minor età.
Tale istituto presiede eminentemente alla cura del patrimonio dell’inabilitato, a differenza della tutela che, invece, è demandata la cura tout court della persona dell’interdetto.
Procedimento – competenza – legittimati all’azione.
Il procedimento in nulla, o quasi, differisce da quello visto per la procedura di interdizione.
Limitazioni conseguenti alla pronunzia di inabilitazione.
Trattandosi di una forma di tutela più blanda e che tende preminentemente alla salvaguardia degli interessi di carattere economico della persona bisognosa di assistenza, il Legislatore ha lasciato all’inabilitato la piena capacità per gli atti che non eccedano l’ordinaria amministrazione e per quelli personalissimi, mentre ha una limitata capacità per gli atti negoziali, ed in particolare per quelli eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Può così sintetizzarsi la differenza tra l’interdizione e l’inabilitazione: il tutore è dato alla persona, il curatore ai beni.

L’amministratore di sostegno

La citata Legge, entrata in vigore il 19 marzo 2004, assicura oggi che nessun soggetto incapace di provvedere ai propri interessi debba essere interdetto; e ciò in virtù della nuova formulazione dell’art. 414 c.c. che prevede l’interdizione quale misura di protezione residuale per le “persone prive in tutto o in parte di autonomia” (così recita il capo I del titolo XII del libro I del codice civile).
L’amministratore di sostegno va scelto “con esclusivo riguardo agli interessi e alla cura della persona del beneficiario”; dovrà operare per la miglior felicità dell’amministrato “con la diligenza del buon padre di famiglia”.
Non esiste lo “status dell’amministrato di sostegno”: questi resta un soggetto legalmente capace; incapace soltanto per singoli e specifici atti contemplati tra i poteri dell’amministratore, mentre gli ambiti di incapacità sono suscettibili, nel corso del tempo, di variare non solo in conseguenza di una modifica delle condizioni sanitarie del beneficiario, ma anche, eventualmente (a differenza di quanto accade per l’interdizione), in conseguenza del mutamento delle esigenze dello stesso e persino in conseguenza di una diversa valutazione di quella stessa situazione che aveva dato corso all’iniziale provvedimento.
Che l’amministrazione di sostegno sia lo strumento di protezione da privilegiarsi rispetto all’interdizione e all’inabilitazione si evince innanzitutto dalla collocazione codicistica della nuova disciplina in apertura al titolo XII del libro I del codice civile, dedicato, come previsto dalla nuova formulazione della rubrica, alle “misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”, cioè amministrazione di sostegno (capo I), interdizione e inabilitazione (capo II).
Soggetti che possono promuovere l’azione di nomina dell’Amministratore di Sostegno
I soggetti che possono promuovere l’azione sono:

  • il coniuge;
  • la persona stabilmente convivente;
  • i parenti entro il quarto grado;
  • gli affini entro il secondo;
  • il tutore;
  • il curatore;
  • il pubblico ministero;
  • il beneficiario stesso (anche se minore o interdetto);
  • i responsabili dei servizi sanitari e sociali.

Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo nell’ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta.
La personalizzazione del regime di sostegno introdotto dalla Legge n. 6/2004 sembra in grado di equilibrare le opposte esigenze di libertà e di protezione del disabile.
La estrema duttilità della nuova figura di protezione e la sua strutturale elasticità oggettiva ad ampio spettro consentono – anzi, alla luce del nuovo testo dell’art. 414 c.c., impongono – di proteggere senza interdire, disattivando così le pesanti limitazioni ‘esistenziali’ tuttora connesse allo status di interdetto.
L’approccio individualizzato dell’amministrazione di sostegno si traduce in una visione del disabile come persona che può e deve vivere nel mondo di relazione, conservando e sviluppando al massimo le proprie capacità e potenzialità, in linea con una lettura che, rispettosa dell’art. 2 Cost., riconosce al disabile il diritto alla protezione e allo sviluppo della propria personalità.
Costituisce un “sopporto protettivo” per tutti coloro i quali, colpiti da un’infermità o da una minorazione (fisica o psichica), manifestino una disabilità, anche solo parziale o temporanea, nel provvedere ai propri interessi. Perciò l’intervento protettivo è graduabile in ragione delle necessità del beneficiario, può avere carattere sostitutivo e/o assistenziale e deve comprendere la cura sia della persona, sia del patrimonio di questa.

avv. Luigi Rossi